Yoko Okuyama



Biografia

 Yoko Okuyama è nata a Tokyo,si è laureata in Architettura presso a prestigiosa Facoltà di Ingegneria dell'Università di Hokkaido. Ha lavorato, sin dal primo momento, nello studio di Kenzo Tange collaborando alla realizzazione di impotanti opere, tra cui la Cattedrale di Tokyo e l'università del Sacro Cuore a Tokyo.

 È presidente dello Studio di Architettura e Progettazione Sohseisha, da lei stessa fondato nel 1975, e dal 1996 al 1998 è stata membro del Direttivo Nazionale dell’Ordine degli Architetti del Giappone. Autrice di pubblicazioni specialistiche di architettura. E è stata per oltre quindici anni docente di Interior Design presso la Tokyo Academy.

 Approdata all'arte dopo un percorso peronale di ricerca, condotto quasi sotterraneamente, ha cominicato ad esporre negli anni Duemila, raccogliendo consensi di critica di pubblico con /commons/image/mostre personali e collettive in Italia e all'estero.

 ed è stata invita a partecipare ad un'importante colletiva a New York e Austria. Sue opere si trovano in collezioni itariani ed estare.


La tecnica originare di Yoko Okuyama

Nelle sue opere la composizione del dipinto è affidata all’azione diretta dell’acqua e del colore in cui lascia sedimentare fibre di carta di riso che autonomamente si impregnano e con le quali successivamente crea le sue opere. Caratterizzato dalla tipica leggerezza di gran parte della cultura orientale, il lavoro di Yoko suscita meraviglia per gli effetti coloristici che di volta in volta il procedere naturale dell’acqua mescolata al colore, che tinge le fibre di carta di riso con cui successivamente lavora, crea.

È stato detto, non a torto, che il suo lavoro tende ad assomigliare al tempo che scorre.

Sedimentandosi sulle fibre cartacee insieme al colore infatti, l’acqua lascia il proprio segno in un tempo casuale; un periodo che varia a seconda dell’intervento dell’artista che decide quando questo colorato “tempo liquido” deve fermarsi.


Critica & Articolo

Per dare un'idea di che cosa l'arte significhi per Yoko Okuyama possiamo rubare la definizione che il filosofo K.R. Popper dà della scienza: è un gioco senza fine. Per l'artista giapponese, infatti, la scoperta di nuove forme espressive è il risultato, mai definitivo, di una sperimentazione entusiasmante e sempre nuova, di un lavoro apassionato in chi là volontà dell'artista e l'azione dell'aqua-essenziale nella sua "pittura senza pennello" -si incontrano, dando vita a possibilità infinite di combinazioni che riescono a stupire l'artista stessa.

Pittura leggera, che accoglie lo spazio, che articola l'assienza, che respira alla maniera orientale, che non s'accampa prepotante femminilmente suggerisce, delicatamente s'espande senza invadere, si lascia intridere di colore o gioca sulle valenze del bianco e del nero, di una texture che tanto lascia al vuoto. E tutto avviene senza il tocco sia pur minimo di pannello, in un incontro, che ha del magico, tra il pigmento e la materia prima, con l'ausilio essenziale dell'elemento liquido più semplice in natura: l'aqua.

Elementari strumenti: cellulosa e rete a trama sottie utilizzata come setaccio, mutuati dalla tradizionale arte dei maestri artigiani della varta di riso, permettono a quest'artista dal passato di architetto di declinale, in piena libertà creativa, una sintesi nuova di cultura giapponese e stimoli ed intuizioni provenienti dall'ambito europeo. su quest'arte, sovrano, aleggia il "Ma" che in giapponese significa propriamente lo spazio vuoto, il tempo eterno, ma anche "L'instante", il taglio netto del tempo, l'attimo che ne interrompe il flusso.

Elisabetta Bovo

critico d'arte

gionalista

docente di Iconologia ed

Ermeneutica dell'immagine



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Copyright 2023 Yoko Okuyama